Dedico questo post alle nove persone che recentemente, in una serata sola, mi hanno chiesto cosa volesse dire Didona. Scusate se vi ho detto che era l’abbreviazione del cognome Didonato, ma era più semplice che raccontare tutta la storiella.
L’antefatto: come i fans più affezionati sanno, sono stata a fare vita mondana (?!?) a Roma e in Puglia, dove ho conosciuto molte persone… Cosa che ha riproposto l’annoso problema delle presentazioni alle persone appena conosciute…Ogni qualvolta faccio conoscenza con qualcuno, da anni a questa parte, ormai dimentica di possedere un VERO nome di battesimo, dico “Piacere, Didona”. Siccome spesso la persona a cui mi presento (al contrario di quanto faccio io, che concentro tutta la mia attenzione su me stessa) ascolta davvero quello che sto dicendo, il “Piacere, Didona” crea sempre un attimo di curiosa incredulità. Sul subito credono di non aver capito bene, poi si chiedono se sia il mio vero nome e, stimando la cosa impossibile o per lo meno improbabile, i meno timidi chiedono: “come mai Didona”?
Vi dirò…Mi son quasi rotta le balle di spiegarlo ogni due per tre.
Fornisco quindi qui la versione ufficiale a cui rimando per qualsiasi dubbio, anche da parte di coloro che mi conoscono da anni e non hanno mai osato chiedere (perché magari peraltro non gliene frega niente): “come mai Didona”?
Dunque:
Io mi onoro di appartenere a quella categoria di persone che un bel giorno smettono di essere chiamate con il legittimo nome di battesimo perché qualcuno gli ha appioppato un soprannome, peraltro azzeccatissimo, che nella fattispecie, com’è noto, è Didona. Il soprannome ormai mi accompagna da tanto tempo: si è progressivamente imposto eliminando persino il ricordo della precedente abbreviazione del nome di battesimo in auge ai tempi delle elementari.
Dopo anni di permanenza in modalità Didona percepisco chiaramente quando il mio interlocutore, magari nel bel mezzo di un discorso più o meno serio, vorrebbe chiamarmi col mio vero nome, ma si rende conto di non ricordarlo o, addirittura, di non averlo mai saputo… Nei vostri occhi ho spesso letto l’incertezza, lo smarrimento, persino lo sgomento…Ma non vi preoccupate, persino io, se qualcuno mi chiama col mio vero nome, capita che ci metto un po’ a rispondere. Anzi se avessi un nome di quelli comunissimi e diffusissimi probabilmente non risponderei neanche.
D’altra parte io il nome Didona me lo sono guadagnato, sul campo, tanti anni fa, grazie al perverso umorismo di una certa persona (d’ora in poi citata come “la Persona”). Di questo approdo al nome Didona però sono felice. E non perché ad altre vittime della Persona è andata peggio (la Persona era solita dare soprannomi gentili e soavi quali “la Uoma” o “la Cozza”…anche se gli va riconosciuto un certo gusto estetico e una propensione all’italianità media quando ha coniato “Champion’s League” per una ragazza particolarmente gnocca) ma ne sono felice perché Didona è diventato presto una cifra distintiva, una definizione per la mia goffaggine, per la mia burloneria, per la mia propensione alla gaffe, in sintesi una parte di me. Molte cose successe in questi anni avrebbero avuto molto meno spessore se non le avessi compiute col “nome d’arte”.
Il nome in sé non è bello, d’accordo, fa venire in mente qualcosa di piccolo e grasso. Però ha il pregio di essere non un’abbreviazione o una sottolineatura di una caratteristica fisica, ma una eclatante manifestazione di ironica inventiva con origini, nientepocodimenochè, nel mito antico.
Il soprannome nasce dalle (ovviamente) assai approssimative conoscenze della Persona in materia di mitologia latina, nonché dal destino che ha voluto che proprio io fossi la vittima preferita delle manie persecutorie di un giovane alquanto strano, conosciuto col sinistro nomignolo di Didone.
Tutto è cominciato proprio con lui, con Didone (che anche lui si chiamava in un altro modo ma siccome aveva questa perversa fissazione per la roba romana la solita Persona cominciò a chiamarlo Didone, come il personaggio del mito romano, che in realtà era una donna, cosa che la Persona chiaramente ignorava…perché se un nome finisce con la E e non è Edvige allora sarà maschile, no?).
Il sig. Didone, al termine di estenuanti inseguimenti o dopo elaborate operazioni di appostamento, mi inchiodava con rara abilità, per poi tormentarmi, perseguitarmi, affliggermi con noiosissimi, contorti e folli discorsi che spaziavano dal ritorno del paganesimo nel XXI secolo alle lingue antiche (devo ancora avere da qualche parte un biglietto con la trascrizione del mio nome in caratteri etruschi). Io ovviamente, buona di cuore e intollerante verso qualsiasi forma di emarginazione del prossimo (laddove prossimo è uguale a “sfigato”) subivo impotente, sperando in questo modo di espiare le colpe commesse in questa e nelle eventuali vite precedenti. I tentativi di fuggire erano, oltre che totalmente fallimentari, assolutamente patetici. Al contrario di quanto qualcuno possa aver creduto, non soffrivo di crisi di narcolessia, fingevo di dormire OVUNQUE (sul pullman, in aula, nell’atrio), per sfuggirgli. E non avevo affatto una buffa nevrosi che mi imponeva di controllare continuamente lo stato delle mie stringhe: cercavo solo (invano) di sfuggirgli. Non avevo inoltre nessuna morbosa curiosità per le scritte sugli altrui zaini, per i messaggi lasciati sui muri o sui banchi: semplicemente cercavo un punto dove guardare mentre pregavo tanto, tanto, tanto intensamente che lui non mi vedesse.
Ma lui mi vedeva SEMPRE e arrivava a passo di carica, facendosi largo tra la folla, senza mancare mai un’occasione. Quella Persona, frattanto, vedeva, registrava, ironizzava e mi ribattezzava. Così, concludendo che sennò la tiro troppo per le lunghe, è nata la Didona, involontaria consorte di Didone.
Epilogo: poi, state tranquilli, l’incubo è finito, mi pare che adesso Didone bazzichi dalle parti di Pavia, dove avrà sicuramente mietuto altre vittime…Eppure colgo qui l’occasione per ringraziarlo, il caro Didone, perché senza di lui la Didona non sarebbe nessuno.
Grazie anche, naturalmente, alla Persona che coniò il nomignolo e a tutti coloro che lo accolsero istantaneamente e lo diffusero – ovviamente a mia insaputa – per le vie del mondo. Quando me ne sono accorta ormai era troppo tardi. Comunque mi avete fatto un gran bel regalo.
E adesso, come dice la pubblicità, alzi la mano chi di voi non ha un soprannome con cui convive felicemente!!
Busca…Lo so che se ti chiamano Marco non ti giri neanche morto.
Cek capisco e comprendo quell’ombra di turbamento sul tuo volto quando qualcuno ti chiama Francesco (Chi è Francesco? Noi non consociamo nessun Francesco)!!
E quante volte, dopo un cuba o due, mi ci vogliono svariati minuti per ricordami che il Sacci si chiama Massimiliano.
E che dire del Patata, vi prego… Ditemi che all’anagrafe è registrato proprio così!
L’antefatto: come i fans più affezionati sanno, sono stata a fare vita mondana (?!?) a Roma e in Puglia, dove ho conosciuto molte persone… Cosa che ha riproposto l’annoso problema delle presentazioni alle persone appena conosciute…Ogni qualvolta faccio conoscenza con qualcuno, da anni a questa parte, ormai dimentica di possedere un VERO nome di battesimo, dico “Piacere, Didona”. Siccome spesso la persona a cui mi presento (al contrario di quanto faccio io, che concentro tutta la mia attenzione su me stessa) ascolta davvero quello che sto dicendo, il “Piacere, Didona” crea sempre un attimo di curiosa incredulità. Sul subito credono di non aver capito bene, poi si chiedono se sia il mio vero nome e, stimando la cosa impossibile o per lo meno improbabile, i meno timidi chiedono: “come mai Didona”?
Vi dirò…Mi son quasi rotta le balle di spiegarlo ogni due per tre.
Fornisco quindi qui la versione ufficiale a cui rimando per qualsiasi dubbio, anche da parte di coloro che mi conoscono da anni e non hanno mai osato chiedere (perché magari peraltro non gliene frega niente): “come mai Didona”?
Dunque:
Io mi onoro di appartenere a quella categoria di persone che un bel giorno smettono di essere chiamate con il legittimo nome di battesimo perché qualcuno gli ha appioppato un soprannome, peraltro azzeccatissimo, che nella fattispecie, com’è noto, è Didona. Il soprannome ormai mi accompagna da tanto tempo: si è progressivamente imposto eliminando persino il ricordo della precedente abbreviazione del nome di battesimo in auge ai tempi delle elementari.
Dopo anni di permanenza in modalità Didona percepisco chiaramente quando il mio interlocutore, magari nel bel mezzo di un discorso più o meno serio, vorrebbe chiamarmi col mio vero nome, ma si rende conto di non ricordarlo o, addirittura, di non averlo mai saputo… Nei vostri occhi ho spesso letto l’incertezza, lo smarrimento, persino lo sgomento…Ma non vi preoccupate, persino io, se qualcuno mi chiama col mio vero nome, capita che ci metto un po’ a rispondere. Anzi se avessi un nome di quelli comunissimi e diffusissimi probabilmente non risponderei neanche.
D’altra parte io il nome Didona me lo sono guadagnato, sul campo, tanti anni fa, grazie al perverso umorismo di una certa persona (d’ora in poi citata come “la Persona”). Di questo approdo al nome Didona però sono felice. E non perché ad altre vittime della Persona è andata peggio (la Persona era solita dare soprannomi gentili e soavi quali “la Uoma” o “la Cozza”…anche se gli va riconosciuto un certo gusto estetico e una propensione all’italianità media quando ha coniato “Champion’s League” per una ragazza particolarmente gnocca) ma ne sono felice perché Didona è diventato presto una cifra distintiva, una definizione per la mia goffaggine, per la mia burloneria, per la mia propensione alla gaffe, in sintesi una parte di me. Molte cose successe in questi anni avrebbero avuto molto meno spessore se non le avessi compiute col “nome d’arte”.
Il nome in sé non è bello, d’accordo, fa venire in mente qualcosa di piccolo e grasso. Però ha il pregio di essere non un’abbreviazione o una sottolineatura di una caratteristica fisica, ma una eclatante manifestazione di ironica inventiva con origini, nientepocodimenochè, nel mito antico.
Il soprannome nasce dalle (ovviamente) assai approssimative conoscenze della Persona in materia di mitologia latina, nonché dal destino che ha voluto che proprio io fossi la vittima preferita delle manie persecutorie di un giovane alquanto strano, conosciuto col sinistro nomignolo di Didone.
Tutto è cominciato proprio con lui, con Didone (che anche lui si chiamava in un altro modo ma siccome aveva questa perversa fissazione per la roba romana la solita Persona cominciò a chiamarlo Didone, come il personaggio del mito romano, che in realtà era una donna, cosa che la Persona chiaramente ignorava…perché se un nome finisce con la E e non è Edvige allora sarà maschile, no?).
Il sig. Didone, al termine di estenuanti inseguimenti o dopo elaborate operazioni di appostamento, mi inchiodava con rara abilità, per poi tormentarmi, perseguitarmi, affliggermi con noiosissimi, contorti e folli discorsi che spaziavano dal ritorno del paganesimo nel XXI secolo alle lingue antiche (devo ancora avere da qualche parte un biglietto con la trascrizione del mio nome in caratteri etruschi). Io ovviamente, buona di cuore e intollerante verso qualsiasi forma di emarginazione del prossimo (laddove prossimo è uguale a “sfigato”) subivo impotente, sperando in questo modo di espiare le colpe commesse in questa e nelle eventuali vite precedenti. I tentativi di fuggire erano, oltre che totalmente fallimentari, assolutamente patetici. Al contrario di quanto qualcuno possa aver creduto, non soffrivo di crisi di narcolessia, fingevo di dormire OVUNQUE (sul pullman, in aula, nell’atrio), per sfuggirgli. E non avevo affatto una buffa nevrosi che mi imponeva di controllare continuamente lo stato delle mie stringhe: cercavo solo (invano) di sfuggirgli. Non avevo inoltre nessuna morbosa curiosità per le scritte sugli altrui zaini, per i messaggi lasciati sui muri o sui banchi: semplicemente cercavo un punto dove guardare mentre pregavo tanto, tanto, tanto intensamente che lui non mi vedesse.
Ma lui mi vedeva SEMPRE e arrivava a passo di carica, facendosi largo tra la folla, senza mancare mai un’occasione. Quella Persona, frattanto, vedeva, registrava, ironizzava e mi ribattezzava. Così, concludendo che sennò la tiro troppo per le lunghe, è nata la Didona, involontaria consorte di Didone.
Epilogo: poi, state tranquilli, l’incubo è finito, mi pare che adesso Didone bazzichi dalle parti di Pavia, dove avrà sicuramente mietuto altre vittime…Eppure colgo qui l’occasione per ringraziarlo, il caro Didone, perché senza di lui la Didona non sarebbe nessuno.
Grazie anche, naturalmente, alla Persona che coniò il nomignolo e a tutti coloro che lo accolsero istantaneamente e lo diffusero – ovviamente a mia insaputa – per le vie del mondo. Quando me ne sono accorta ormai era troppo tardi. Comunque mi avete fatto un gran bel regalo.
E adesso, come dice la pubblicità, alzi la mano chi di voi non ha un soprannome con cui convive felicemente!!
Busca…Lo so che se ti chiamano Marco non ti giri neanche morto.
Cek capisco e comprendo quell’ombra di turbamento sul tuo volto quando qualcuno ti chiama Francesco (Chi è Francesco? Noi non consociamo nessun Francesco)!!
E quante volte, dopo un cuba o due, mi ci vogliono svariati minuti per ricordami che il Sacci si chiama Massimiliano.
E che dire del Patata, vi prego… Ditemi che all’anagrafe è registrato proprio così!